da: http://www.ilgiornale.it/news/affondiamo-quei-relitti-e-portiamoci-i-turisti-1282200.html

«Per un sub che ama il mare più di ogni altra cosa, visitare un relitto nascosto sui fondali è come per un credente entrare in un santuario», dice Devy Mantovan, presidente dell’Associazione Clodia per la ricerca e la documentazione subacquea, con sede a Chioggia. Insieme ad Assoturismo e Confesercenti Veneto, l’associazione è stata ascoltata in Senato dalle Commissioni che stanno esaminando il nuovo ddl per la rimozione e il riciclaggio dei relitti nei porti italiani. Mantovan e soci si sono fatti portavoce di una proposta «alternativa», per ribaltare in positivo l’emergenza. «Affondiamo di proposito quelle navi ormai abbandonate per attirare il turismo subacqueo, come avviene già da anni all’estero. Sarebbe un affare anche per l’indotto delle aree interessate».

Tecnicamente l’operazione si chiama scuttling, era praticata a fini bellici durante la seconda guerra mondiale per creare ostacoli alle forze da sbarco, mentre in tempo di pace permette di creare reef artificiali. Secondo uno studio della Fondazione Michelagnoli di Taranto, negli Usa fino ad oggi sono state affondate oltre 700 navi. Ma lo stesso sta avvenendo alle porte di casa nostra, in Croazia e soprattutto a Malta, dove otto relitti sono stati inabissati negli ultimi vent’anni e oggi il 25% del Pil viene dall’industria turistica legata alla subacquea.

In Italia, nonostante possa vantare autentici «paradisi» per sub, questa fetta di turismo fatica a ingranare tra costi elevati e carenze strutturali. La maggior parte dei relitti, poi, si trova su fondali a profondità inaccessibili per chi ha un’esperienza medio-bassa, tanto che le autorità marittime locali sono spesso costrette a vietare le immersioni. Come è accaduto questa primavera per il relitto Evdokia II, un mercantile di cento metri battente bandiera delle Antille, naufragato nel 1991 a 6 miglia nell’Alto Adriatico, proprio al largo di Chioggia. «È diventato meta di appassionati nonostante tutte le difficoltà che presenti raggiungerlo – racconta Mantovan -. Pensate se, invece, si portassero sui fondali dagli 8 ai 30 metri di profondità i relitti e le navi più caratteristiche, dopo averle opportunamente bonificate.

La Marina militare ha una flotta di navi storiche da smaltire, simili alla Quintino Sella che fu silurata dal 1943 e si trova spezzata in due tronconi sul fondale di fronte a Venezia, a 25 metri di profondità. Sarebbe eccezionale organizzare immersioni tra questi giganti del mare, insegnando alle persone la storia che racchiudono». Naturalmente lo scuttling ha un impatto ambientale che deve essere ridotto al minimo. Ma, spiegano gli esperti, l’affondamento controllato presenta anche dei vantaggi per il mare: favorisce il ripopolamento ittico, crea barriere sommerse di microorganismi e ostacola la pesca a strascico.

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